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  Introduzione al diritto svizzero dell'informatica e di Internet

Lo Studio medico nell'era digitale

19/10/2017

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Il 18 ottobre 2017 ho partecipato quale relatore ad un evento formativo organizzato dall'Ordine dei medici del Canton Ticino con una presentazione dal titolo "Lo studio medico nell’era digitale: sfide, opportunità e responsabilità". Il focus era sul segreto professionale del medico e dei suoi ausiliari, sulla privacy,  sulla protezione dei dati e sulla sicurezza informatica, senza dimenticare un excursus sulla nuova Legge federale, entrata in vigore ad aprile di quest'anno, sulla cartella informatizzata del paziente (link). 

Abbiamo discusso vari temi, fra i quali l'uso dell'e-mail e delle chat per trasmettere informazioni mediche, l'outsourcing informatico, l'accesso ai sistemi informatici di studio dall'estero, i cookies, la pubblicità / i social media e la deontologia professionale, il Cloud ecc. Gli interessati possono scaricare la presentazione da questo link.
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Swiss law 2017: stato dei cantieri legislativi IT

13/2/2017

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La Svizzera è in pieno processo di digitalizzazione, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio “fermento legislativo”, con l’apertura di cantieri legislativi nei settori più disparati, dal diritto d’autore, alla protezione dei dati personali, alla sorveglianza delle telecomunicazioni, al furto d’identità digitale, alla “tecnofinanza”, alla protezione della “Svizzerità” di prodotti e servizi, all’identità e alla comunicazione elettronica certificata. Questi cantieri sono tutti legati da un filo rosso: la modernizzazione nel nostro ordinamento giuridico per affrontare le sfide del futuro, per stimolare l’innovazione e per mantenerci competitivi nel panorama dell’economia globale e dell’IoE (“Internet of Everything”).
Approfittando dell’occasione posta dal Simposio “Regulatory Framework for Operating e-Commerce in Switzerland” tenutosi a Berna in data 7 febbraio 2017, organizzato da Netcomm Suisse, cui ho avuto il privilegio di partecipare quale relatore sul tema “Data protection and legal framework”, ho allestito una breve (ma intensa) presentazione sui cantieri legislativi chiusi quest’anno, quelli in via di chiusura e quelli appena partiti.
Come potrete vedere, sono partito dalle revisioni entrate in vigore l’01.01.2017 (Legge sulla firma elettronica; pacchetto Swissness), per poi passare a leggi e provvedimenti in attesa di entrare in vigore (Legge sulla sorveglianza e sul controllo del traffico postale e delle telecomunicazioni; Privacy Schield USA – CH), per finire con i progetti legislativi in fieri (reato di furto d’identità digitale; Legge sulla protezione dei dati; Legge sul diritto d’autore; Legge sulle banche).
Premetto che non si tratta di una presentazione dettagliata dei singoli cantieri, bensì di una “road map” per chi, da non giurista, fosse alla ricerca di materiale e spunti per approfondire le novità legislative appena entrate in vigore, rispettivamente quelle che un giorno (forse) verranno alla luce. Attraverso i collegamenti ipertestuali avete la possibilità di richiamare i testi legislativi, le ordinanze, i rapporti e i commenti legati a questi importanti cantieri per comprenderne il senso e la portata.
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Buona lettura. Condivisioni e commenti sono estremamente ben accetti!

Avv. Gianni Cattaneo

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Importante Sentenza del Tribunale federale svizzero sulla qualifica dei delitti contro l'onore commessi online

29/4/2016

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Il Tribunale federale, con sentenza 2 dicembre 2015 6B_473/2015, il cui testo completo è disponibile qui (mentre la sentenza ticinese di appello è disponibile qui), ha chiarito un punto giuridico importante nel campo del cybercrime legato al tema della e-reputation: i delitti contro l’onore (ad esempio: la diffamazione, quale reato oggetto della sentenza del TF) commessi mediante Internet sono delitti istantanei e non permanenti. Il Tribunale federale non ha ritenuto di dover distinguere i delitti contro l’onore commessi offline (ad esempio, mediante uno stampato) da quelli commessi online. La conseguenza? In applicazione dell’art. 178 cpv. 1 CP, il termine di prescrizione dell’azione penale è di 4 anni, che decorrono non da quando il proposito lesivo viene eliminato da Internet (tesi, a mio parere del tutto condivisibile, del Ministero pubblico ticinese quale ricorrente), bensì dalla data di pubblicazione online del proposito medesimo. Nel caso sub iudice, la sentenza di prima istanza era stata emessa dopo lo scadere del termine quadriennale, ciò che ha determinato il proscioglimento dell’imputato.
Considerato che la prescrizione dei delitti contro l’onore è stata fissata dal Legislatore a 4 anni (rispetto ai 7 ordinari per i delitti) in considerazione del fatto (ante-rivoluzione digitale) che “il pregiudizio provocato dalle lesioni all’onore diminuisce rapidamente, senza lasciare conseguenze durevoli” (memoria umana, stampati ecc.; cfr. c. 2.6 della Sentenza), mi pare urgente un ripensamento a livello legislativo. È in effetti evidente (e su questo la Sentenza è a mio giudizio carente) che il mondo online è radicalmente diverso da quello fisico: i contenuti lesivi della reputazione pubblicati online sono accessibili worldwide, non sfumano con il tempo (al contrario, gli intrecci e le estensioni determinati dalle condivisioni e dai likes possono solo peggiorare la situazione) e, soprattutto, sono facilmente (e costantemente) riconducibili alla persona attaccata per effetto dei motori di ricerca.  In questa prospettiva, quando il Tribunale federale afferma che “qualora dovesse essere seguita la tesi del ricorrente, pur commettendo un'infrazione analoga, l'imputato che agisce tramite internet si vedrebbe prolungare il termine di prescrizione per rapporto a chi utilizza un mezzo stampato. Ciò comporterebbe una disparità di trattamento ingiustificata” (c. 2.6), è lecito opinare. Semmai il contrario è vero: è ingiustificato trattare una diffamazione online (dato il suo carattere persistente, globale e “cercabile”; senza dimenticare che un contenuto, anche se viene cancellato dall’autore, può persistere online e offline in altre ubicazioni) come una diffamazione “tradizionale”.
Se, da una parte, è comprensibile che il Tribunale federale non abbia voluto creare una frattura dogmatica legata alla qualifica dei delitti contro l’onore a seconda del mezzo attraverso il quale vengono commessi e al fatto che sia difficilmente ipotizzabile un sistema che renda potenzialmente “imprescrittibile” un delitto riferito ad un preciso comportamento per il fatto che il proposito resta durevolmente accessibile online, dall’altra parte la situazione materiale attuale è molto insoddisfacente. A parer mio, un intervento legislativo s’impone, onde contrastare la gravissima piaga della diffamazione via Internet: la pubblicazione online di propositi lesivi dell’onore dovrebbe costituire un’aggravante formale e la prescrizione dell’azione penale dovrebbe essere prolungata. L’estensione del termine si giustifica ritornando al motivo originario per cui la prescrizione è stata ridotta dal Legislatore: gli effetti delle lesioni dell’onore svaniscono con il passare del tempo. Ciò non è assolutamente vero nel mondo digitale. Occorre prenderne atto e intervenire rapidamente.

29.04.2016. Avv. Gianni CATTANEO, Lugano


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Leggi di polizia Zurigo e Ginevra: il Tribunale federale dichiara incostituzionali alcune disposizioni relative alle misure di investigazione segrete

7/10/2014

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Il Tribunale federale si è pronunciato in data 1° ottobre 2014 nell'ambito dei dossier denominati 1C_653/2012 e  1C_518/2013 sulla costituzionalità di alcune disposizioni delle leggi cantonali di Zurigo e Ginevra in tema di misure di investigazione segrete atte a impedire o identificare delle infrazioni non ancora commesse. Si tratta di misure a carattere essenzialmente preventivo, e pertanto non rientranti nel campo di applicazione del Codice di Procedura Penale, facendo difetto il requisito dell'indizio di reato (sul tema della portata delle norme del CPP sull'inchiesta mascherata, cfr. 08.3841 – Mozione "Inchieste mascherate prima dell'apertura di procedimenti penali" (link)).

Il Tribunale federale ha dichiarato che, in via di principio, tali misure sono ammissibili. Tuttavia, occorre stabilire una protezione giuridica sufficiente dettata dalle esigenze dello Stato di Diritto, onde escludere abusi e misure non proporzionate. 

Per quanto concerne la legge di Zurigo, il Tribunale federale ha annullato la disposizione che ammette la sorveglianza automatica di piattaforme di comunicazione online chiuse, affermando che è necessario instaurare un controllo giudiziario preventivo, così come una via di ricorso successiva.

Per quanto concerne la legge di Ginevra, il Tribunale federale ha affermato la necessità, in tema di osservazione preventiva e di ricerche segrete, che (i) sia instaurato un sistema di autorizzazione preventiva da parte del Ministero pubblico nel caso di misure prolungate nel tempo, (ii) le persone siano successivamente informate e (iii) possano ricorrere contro la misura adottata. In relazione alle inchieste sotto copertura (agente infiltrato sotto falsa identità), inoltre, il controllo preventivo deve essere giudiziario.

Le sentenze non sono ancora disponibili. Per ulteriori informazioni vedi link.

Per quanto concerne il Canton Ticino, il  21 febbraio 2011 è stata presentata un'iniziativa parlamentare nella forma generica dal titolo "Maggior spazio di manovra per gli accertatori" (link) volta a creare la base legale a livello ticinese per consentire alla polizia, a determinate condizioni e previa approvazione della magistratura, di svolgere inchieste mascherate sul web.

L'iniziativa è stata promossa dalla Commissione della legislazione in data 21 novembre 2012 (link), seppur con qualche esitazione in riferimento alla chiara definizione del limite tra misure preventive (Legge cantonale di polizia) e inquisitorie (CP / CPP), per poi essere accolta all'unanimità dal Gran Consiglio in data 28 gennaio 2013 (link).

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Il furto d'identità online

5/7/2014

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L'intervista completa dell'avvocato Gianni CATTANEO, pubblicata (in versione ridotta) il 4 giugno 2014 sul Corriere del Ticino (link), dal titolo "Quelle identità rubate nella rete che inquietano".
In cosa consiste il furto d’identità online?
In termini generali, significa “farsi passare” per qualcun altro su Internet. Si parla al riguardo di usurpazione dell’identità digitale altrui. Le motivazioni possono essere molteplici, così come le modalità di esecuzione: si va dall’uso online non autorizzato di una fotografia e/o del nome di un amico/a particolarmente avvenente per “conquistare” gli utenti di una chat, alla creazione di un profilo falso su Facebook per creare attorno alla persona una cattiva reputazione, fino all’attuazione di vere e proprie truffe informatiche, ad esempio trafugando le credenziali d’accesso ad un conto bancario online. 

Quali meccanismi vengono utilizzati per rubare l’identità?
In questo campo l’inventiva non ha limiti. Chi usurpa l’identità, prima di tutto, deve procurarsi dei dati personali, come una fotografia, nome/cognome, indirizzo postale fisico ed elettronico, professione, numero di telefono, abitudini, interessi ecc. della persona interessata. Più dati personali sarà in grado di reperire, più il falso profilo sarà credibile. I dati personali possono essere reperiti online perché sono stati pubblicati dalla persona stessa oppure essere ottenuti con l’inganno, ad esempio facendo credere alla persona che il proprio partner bancario, assicurativo o il fornitore di servizi e-mail o di carta di credito necessita di disporre delle credenziali di accesso all’account online per risolvere un problema nell’interesse dell’utente. Oppure ancora i dati personali possono essere reperiti forzando le password, tramite veri e propri attacchi informatici, come pure causando l’istallazione di software malevolo tale da porre sotto controllo il dispositivo dell’utente. Quest’ultimo attacco viene generalmente perpetrato tramite l’invio di e-mail di massa indesiderate (lo spam) infette oppure inserendo del codice malevolo sui siti. 

Quali le truffe più frequenti?
Durante il seminario previsto per il 3 giugno all’USI organizzato da Netcomm Suisse e HR Ticino esamineremo dal profilo giuridico quattro tipologie di situazioni. La prima concerne un caso tipico di cosiddetto “phishing” (“pescare password”). Il criminale invia e-mail di massa facendosi passare per un istituto bancario importante. Il testo è credibile e molto curato. Addirittura il messaggio sembra provenire dal dominio ufficiale della banca (ad esempio: prevenzionefrodi@banca.ch). Il destinatario attiva un link che lo conduce apparentemente su una pagina della banca, dove gli viene richiesto di inserire le credenziali di accesso. Ecco che questi importanti dati sono stati trafugati. Parallelamente, il criminale deposita sul dispositivo della vittima un software malevolo che gli permette di controllare a distanza il dispositivo, consentendogli di rubare altre informazioni riservate. Il secondo caso riguarda ancora l’ambito bancario. Il criminale assume il controllo dell’account e-mail del cliente di una banca e inizia a corrispondere con la medesima. Il tutto è finalizzato a creare nella banca l’attesa di un ordine di bonifico particolarmente urgente, da eseguirsi in momenti particolari (nel caso concreto: sotto Natale e Capodanno). Il criminale reperisce un ordine di trasferimento firmato dal cliente a suo tempo inviato alla banca tramite e-mail (allegato) e lo utilizza per allestire un nuovo ordine, che invia tramite fax alla banca. La banca esegue il trasferimento verso un conto in Cina, che viene prontamente svuotato. Il terzo esempio riguarda un drammatico caso di cyberbullismo. Due ragazzi creano un falso profilo su un social network a nome di un compagno di scuola, attraverso il quale propagano insulti e propositi razzisti di ogni tipo. Il compagno di scuola viene aggredito da sconosciuti per strada e minacciato di morte. Il quarto esempio riguarda la truffa del parente in difficoltà. Il criminale, mediante tecniche di phishing, riesce a farsi comunicare la password del servizio e-mail del soggetto interessato. Facendosi passare per quest’ultimo, invia ai contatti un messaggio di aiuto, chiedendo l’invio urgente di denaro. I famigliari provvedono e il denaro immancabilmente sparisce.

Le categorie più a rischio?
A rischio sono tutte quelle persone che non hanno maturato un’adeguata consapevolezza sui rischi di sicurezza collegati ad Internet e che, pertanto, non adottano un comportamento prudente, rispettivamente misure di protezione a livello tecnologico. Ad esempio, è fondamentale creare password forti (combinazione di minuscole / maiuscole e lettere / numeri) da sostituire regolarmente, che non devono essere assolutamente comunicate a terzi o trascritte. Occorre dotarsi di un antivirus (anche sul cellulare), di un firewall e di un browser sempre aggiornati. In particolare, mai comunicare a terzi informazioni personali o confidenziale tramite e-mail, né attivare collegamenti contenuti in messaggi elettronici non richiesti. Particolarmente a rischio sono gli anziani, coloro che diffondono in maniera disinvolta i propri dati personali online e i frequentatori di siti a rischio.

Ci sono dati relativi ai trend di crescita del fenomeno?
A livello di criminalità informatica, i dati statistici e i rapporti SCOCI (Polizia federale) danno atto di un trend all’aumento in maniera consistente dei reati di furto di dati e di truffa tradizionale ed informatica. Le segnalazioni di casi di phishing nel 2013, ad esempio, sono triplicate rispetto al 2012. Nelle scuole il problema del cyberbullismo attraverso finti profili sui social networks comincia a farsi sentire in maniera preoccupante. Vittime non sono solamente gli allievi, bensì anche gli insegnanti.

Quali reati sono posti a tutela dell’identità nel diritto penale?
Va detto che in Svizzera, diversamente da altri Stati (come la Francia), non esiste un reato specifico di furto d’identità. In un’interpellanza depositata in Consiglio nazionale il 18.09.2013, Jean Christophe SCHWAAB ha posto il tema di una possibile lacuna del diritto penale al riguardo. Il Consiglio federale si è espresso nel senso che il furto d’identità, non essendo generalmente fine a sé stesso, risulta punibile in funzione degli obiettivi ricercati, rispettivamente dei beni protetti altrui violati, come, ad esempio, la pace informatica (furto di dati, hacking, danneggiamento di dati), il patrimonio (truffa) e l’onore (diffamazione e calunnia). Nel caso del finto parente in difficoltà di cui sopra, i principali reati ipotizzabili sono l’acquisizione illecita di dati (art. 143 CP), la falsità in documenti (art. 251 CP), l’accesso indebito a un sistema per l’elaborazione di dati (art. 143bis CP), il danneggiamento di dati (art. 144bis CP) e la truffa tradizionale (art. 146 CP). Nel caso del profilo razzista, il principale reato commesso dai due compagni di scuola era la calunnia (art. 174 CP).

Come muoversi nel caso ci si accorga che la propria identità sia stata violata?
Occorre reagire rapidamente. Nel caso di account violato (ad esempio: posta elettronica, social networks), occorre modificare la password di accesso. Nel seguito, facendo capo a specialisti, è opportuno individuare quali azioni abusive siano state compiute durante il periodo di compromissione. Al riguardo, è utile sapere che i provider di servizi online tracciano tutti gli accessi, memorizzando segnatamente data/ora e indirizzo IP del dispositivo richiedente. Se si trova un indirizzo IP riconducibile ad un Provider di accesso ad Internet straniero, allora è probabile che l’account sia stato violato. Se il problema consiste in profilo falso sui social networks (di cui, ovviamente, non si dispone delle credenziali di accesso), si segnalerà al social network in questione l’abuso, nel senso di una violazione delle regole della Comunità online, richiedendo la cancellazione del profilo. Se il furto d’identità riguarda il conto online oppure la carta di credito, è fondamentale segnalare immediatamente il caso alla banca tramite le apposite help-line telefoniche.
Nei casi gravi, si raccomanda di depositare rapidamente una querela penale presso il Ministero pubblico (spesso i reati ipotizzabili sono soggetti a querela), onde attivare la procedura penale. La querela va depositata entro 3 mesi. Il termine decorre dal giorno in cui l’avente diritto ha conosciuto l’identità dell’autore del reato. È importante sporgere querela tempestivamente, in quanto l’azione penale non viene promossa se la querela è tardiva. In tale ipotesi, alla vittima non resta che procedere giudizialmente contro l’autore del reato davanti ai Tribunali civili, postulando la cessazione della condizione illecita e / o la condanna al risarcimento del danno subito.
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La legge dell'oblìo in Internet: la recente sentenza europea mette in crisi i motori di ricerca?

2/6/2014

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Qui potete ascoltare o riscoltare la tramissione "La consulenza" del 23 maggio 2013 di Nicola Colotti (Rete 1 della Radio svizzera italiana) dal titolo: "La recente sentenza europea mette in crisi i motori di ricerca?".

Dalla scheda della trasmissione (fonte / diritto d'autore: 2014 www.rsi.ch):
Gli uni lo chiamano “diritto all’oblio”, gli altri “diritto all’informazione”. In mezzo la memoria lunga della rete che tutto registra e tutto conserva, anche al di là del tempo necessario. La recente decisione della Corte di giustizia europea che stabilisce come anche i motori di ricerca possano essere chiamati a cancellare riferimenti a siti terzi su persone e fatti non più attuali né pertinenti pone più problemi di quanto ne risolva.  Nel mirino della Corte è finito il gigante dei motori di ricerca Google che non l’ha presa affatto bene, ritenendo la decisione (per altro non vincolante) lesiva del diritto ad informare e difficilmente applicabile. Lo scontro si preannuncia epocale tra chi difende il principio del diritto all’oblio (la cancellazione di informazioni e fatti superati la cui conservazione in rete leda i diritti o gli interessi di una persona in modo ingiustificato) e chi invece ritiene che qualunque informazione veritiera, anche se superata, debba rimanere accessibile. Per sempre?

Con: Gianni Cattaneo, avvocato esperto di diritto svizzero di Internet e Alessandro Longo

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Corte di Giustizia europea: Google e diritto all'oblìo digitale

30/5/2014

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Recentemente, la Corte di Giustizia dell'UE ha confermato il diritto all'oblìo digitale nei confronti di Google. Ne consegue il diritto di richiedere la cancellazione dal database di Google dei collegamenti verso risorse online che violano l'interesse preponderante alla privacy o alla protezione dei dati personali del soggetto interessato. Il tutto a determinate condizioni, non trattandosi di un diritto unilaterale assoluto. Condizioni che, non essendo giuridicamente determinate, faranno verosimilmente esplodere i contenziosi con Google nei prossimi anni... Affaire à suivre!

La sentenza può essere scaricata qui e la nota riassuntiva qui.

Ascolta la trasmissione "La consulenza" di Nicola COLOTTI Rete 1 del 23 maggio 2014 "La legge dell'oblìo in Internet" (link). Ospiti l'avv. Gianni CATTANEO  e Alessandro LONGO.

Ecco il nuovissimo link per esercitare nei confronti di Google il diritto all'oblìo digitale.

Nel seguito approfondiremo in 5 punti il tema.

1. I fatti alla base della sentenza e le richieste del signor Gonzalez


Il protagonista della vicenda è un signore spagnolo, Mario GONZALEZ. Nel 1998 un quotidiano spagnolo aveva pubblicato due pagine in cui si annunciava una vendita all’asta di immobili organizzata a seguito di un pignoramento effettuato nei confronti di GONZALEZ per la riscossione di crediti previdenziali.

Effettuando una ricerca nominativa su Google, il motore di ricerca indicava fra i risultati i link verso quelle pagine online del quotidiano.

Sentitosi leso nella propria privacy e nella propria reputazione, tenuto anche conto del passare del tempo, GONZALEZ ha chiesto all’Autorità per la protezione dei dati spagnola di fare ordine a Google di eliminare o di occultare i suoi dati personali, in modo che cessassero di comparire fra i risultati delle ricerche nominative. Altrimenti detto, non essendo riuscito a far cancellare le pagine in questione dal quotidiano online, egli ha cercato di renderle “non reperibili” attraverso i motori di ricerca.

2. Le sue richieste sono state accolte?

Si, l’Autorità per la protezione dei dati spagnola ha accolto il reclamo ed ha richiesto a Google di adottare tutte le misure necessarie per sopprimere definitivamente dall’elenco di risultati che appare a seguito della ricerca effettuata a partire dal nome della persona interessata i link verso le contestate pagine web pubblicate da terzi e che contenevano informazioni relative a GONZALEZ.

Google ha fatto ricorso contro la decisione, che è approdata davanti all’autorità giudiziaria spagnola, la quale ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’UE una richiesta di interpretazione del diritto europeo sulla protezione dei dati relativamente all’esistenza o meno e ai contorni giuridici del diritto all’oblio nel mondo digitale.

Carattere pregiudiziale: non risolve il merito della lite!

3. In base a quale ragionamento (giuridico) si è giunto all’accoglimento delle richieste di GONZALEZ?

La Corte ha innanzitutto costatato che Google raccoglie, memorizza ed organizza dati personali degli utenti nell’ambito dei suoi programmi di indicizzazione.

Di conseguenza, la società deve rispettare la legislazione sulla protezione dei dati. Ciò anche nell’ipotesi in cui i dati personali raccolti riguardino esclusivamente informazioni già pubblicate tali e quali nei media.

Successivamente, la Corte ha rilevato che per valutare se vi sia diritto all’oblio occorre ponderare, da una parte, il legittimo interesse degli utenti di Internet ad avere accesso alle informazioni personali sui terzi / il diritto di Google di esercitare la propria attività economica e, dall’altra, i diritti fondamentali della persona interessata al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali.

In questo processo la natura dell’informazione (il suo carattere sensibile) e il ruolo che la persona riveste nella vita pubblica sono determinanti.

Nel caso concreto, l’interesse di Gonzalez è stato considerato preponderante:
-       il pignoramento era stato eseguito e concluso;
-       erano passati oltre 12 anni dagli eventi;
-       Gonzalez non è un personaggio pubblico;
-       le informazioni su una procedura esecutiva sono particolarmente sensibili.

4. Il diritto all’oblìo è assoluto oppure devono essere date delle precise condizioni?

Il diritto non è assoluto.

La Corte ha specificato che, tenuto conto dell’insieme delle circostanze caratterizzanti il caso concreto, i dati devono risultare inadeguati, non pertinenti o non più pertinenti ovvero eccessivi in rapporto alle finalità per le quali sono stati trattati e al tempo trascorso.

Inoltre occorre che non sussistano ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, giustificanti un interesse preminente del pubblico ad avere accesso, nell’ambito di una ricerca online, a dette informazioni.

5. In Svizzera si giungerebbe alla stessa conclusione?

Il diritto svizzero della protezione dei dati personali è armonizzato con il diritto europeo, per cui ritengo che si applicherebbero gli stessi principi. La sentenza della Corte di giustizia ha un considerevole peso e verrebbe considerata nell’ambito dell’interpretazione del diritto svizzero nel caso in cui una situazione del genere venisse portata davanti ai Tribunali svizzeri.

Il diritto all’oblìo nell’ambito dei media tradizionali è peraltro ben conosciuto dal diritto svizzero ed è stato applicato per tutelare le persone contro la rievocazione di fatti relativi ad un passato dimenticato. A titolo d'esempio, il TF ha giudicato che l'autore di un reato ha il diritto, una volta scontata la pena e trascorso un tempo sufficiente, a che tale circostanza non faccia l'oggetto di pubblica rievocazione. La ratio di tale giurisprudenza è di preservare il reinserimento pacifico e definitivo del soggetto nella società.


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Facebook: anniversario dei 10 anni 

3/2/2014

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Qui potete ascoltare o riscoltare la tramissione "Modem" del 3 febbraio 2014 (Rete 1 della Radio svizzera italiana) dal titolo: "Facebook cassandre e utili - Dato ancora per morto entro un paio d'anni, utili in crescita e record in borsa".

Dalla scheda della trasmissione (fonte / diritto d'autore: 2014 www.rsi.ch):
Dopo le dichiarazioni drastiche quanto sommarie di qualche anno fa pubblicate da vari analisti di social media, in questi giorni persino la prestigiosa Università statunitense di Princeton e l’antropologo Daniel Miller annunciano la morte imminente o quantomeno prossima di Facebook. Proprio mentre il social media più diffuso al mondo, con i suoi quasi 1,3 miliardi di profili in rete, compie dieci anni. Proprio quando lancia un'app per leggere su smartphone e tablet un giornale online. Proprio quando stacca un nuovo record sui mercati finanziari: dalla sua entrata in borsa, dopo un andamento decisamente altalenante, il valore di Facebook è aumentato del 120%, con utili a 523 milioni di dollari, nettamente al di sopra delle attese.
Ideato da Mark Zuckerberg come un software per mettere in rete documenti ufficiali, fotografie e informazioni private e magari riservate degli studenti dell’Università di Harvard che frequentava, Facebook ha spopolato in altre università americane e da sistema chiuso si è poi aperto alla rete raccogliendo in poco tempo un successo assolutamente imprevedibile. 
Tra chi ha fiutato per primo le enormi potenzialità commerciali di Facebook c’è Peter Thiel, l’inventore di Paypal, il sistema di pagamenti online più usato al mondo: avere un esercito di persone che spontaneamente semina sul web non soltanto i propri dati personali, ma anche le proprie preferenze sessuali, i gusti, le abitudini. Una manna di dati per aziende, produttori, commerci, che – venduti al miglior offerente – rendono superflue le costose ricerche di mercato. Un'evidente violazione della privacy, un’accusa ricorrente per Facebook. 


Con: Gianni Cattaneo (avvocato ed esperto di diritto e social media), Paolo Riva (giornalista RSI) e Cristiano Valli (giornalista free-lance a San Francisco).

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L’e-commerce che ci attende

12/12/2013

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Qui potete ascoltare o riscoltare la tramissione Millevoci del 12 dicembre 2013 di Nicola Colotti (Rete 1 della Radio svizzera italiana) dal titolo: "Il commercio del futuro sarà tutto elettronico? Analisi di una realtà che si sviluppa sempre più rapidamente grazie a Internet".

Dalla scheda della trasmissione (fonte / diritto d'autore: 2013 www.rsi.ch):
Nell’era della tecnologia digitale che attraversa tutti gli aspetti della nostra vita sociale, anche i concetti più immediati mutano di significato ampliandosi a dismisura. Preceduti dal segno e- (che sta per elettronico) nascono nuovi termini che segnano il passaggio a una nuova civiltà globalizzata e interconnessa. E-mail, e-banking, e-government, e non certo da ultimo e-commerce fanno ormai parte del nostro lessico quotidiano. Proprio una delle attività umane più antiche, quella del commercio appunto, assume nella globalità di Internet un nuovo significato aprendo infinite possibilità non prive di incognite. Cosa rappresenta oggi infatti il commercio elettronico, che appare sempre più attraente per consumatori ed operatori economici nella piazza del mercato virtuale di beni e servizi online? Un recente convegno a Lugano ha messo in evidenza le convergenze, le potenzialità, ma anche le preoccupazioni degli operatori e degli esperti del commercio elettronico, che in Svizzera rappresenta un potenziale economico (e sociale!) sempre più significativo. Accanto alle grandi opportunità di sviluppo, cresce anche la necessità di una regolamentazione condivisa a livello internazionale, che sia garanzia di chiarezza e di uguaglianza delle opportunità per tutti. effettuare modifiche.

Con: Gianni Cattaneo, avvocato esperto di diritto svizzero di Internet; Carlo Terreni, cofondatore dell’Associazione Netcommsuisse; Paolo Attivissimo, giornalista e divulgatore esperto di Internet; Lamberto Siega, rappresentante di 
ebay Italia

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“Big Data”: come internet divora la nostra privacy

31/5/2013

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Qui potete ascoltare o riscoltare la tramissione Millevoci del 30 maggio 2013 di Nicola Colotti (Rete 1 della Radio svizzera italiana) dal titolo: "Come internet divora la nostra privacy: “Big Data”, ovvero la nuova frontiera del marketing che spia le nostre scelte online".

Dalla scheda della trasmissione (fonte / diritto d'autore: 2013 www.rsi.ch):
Tutti ne parlano, ma pochi ormai sanno cosa ancora rappresenti davvero la privacy. Quando si parla di internet essa è sempre meno un valore individuale da difendere e sempre più un valore di mercato da acquisire. Come? Utilizzando complessi algoritmi matematici che incrociano tutte le nostre preferenze e ricerche in rete per creare gigantesche banche dati (i cosiddetti Big Data) che verranno utilizzati dai grandi giganti della rete (Facebook, Google, Amazon, E-bay ecc.) e dagli operatori di comunicazione per affinare le loro offerte e le loro strategie di marketing. Se tutto ciò che scegliamo in internet viene rilevato, catalogato, incrociato con tutti i nostri dati personali disponibili, che ne resta della nostra reale libertà di sfuggire al controllo? Il Grande Fratello del marketing online ci osserva "algoritmicamente" per anticipare e orientare le nostre scelte. Così non soltanto la nostra privacy è a rischio, ma si riduce la nostra autonomia nello scegliere. Anche di non essere merce di scambio di dati tra i Grandi Fratelli della rete.

Con: Juan Carlos De Martin professore al Politecnico di Torino e co-direttore del centro Nexa su Internet e società. Philippe Bolgiani, collaboratore scientifico dell’Incaricato cantonale ticinese della protezione dei dati. Alessandro Longo, giornalista esperto di nuove tecnologie della comunicazione, Gianni Cattaneo, avvocato, docente Supsi di diritto di internet.

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    Gianni CATTANEO

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    Capitolo 1: Pericoli Sulla Rete
    Capitolo 3: Violazione Dei Diritti Della Personalità
    Capitolo 4: Protezione Dei Dati
    Capitolo 4: Protezione Dei Dati Personali
    Capitolo 4: Protezione Dei Dati Personali
    Capitolo 5: Diritto D
    Capitolo 5: Diritto D'Autore
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    Capitolo 8: Diritto Del Lavoro
    Capitolo 8: Smartphone Sul Luogo Di Lavoro
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